Fragmenta
di Vittorio Saldutti
Adero michi ipse quantum potero, et sparsa anime fragmenta recolligam
Petrarca, De secretu conflicto curarum mearum
La nostalgica raccolta dei frammenti superstiti dell’opera letteraria di un autore nasce quando i lettori si rendono conto che quell’opera è ormai definitivamente perduta, che la tradizione testuale l’ha cancellata nella sua interezza e non è possibile fare altro che cercarne parti nei testi di altri scrittori o su brandelli di papiro, cui è toccato in sorte di sopravvivere fino a noi. Questo disperato tentativo di ricostruire dalle tessere fortunosamente sopravvissute il contenuto e la forma di un testo è nostalgico, perché consapevole che il filo che legava il mondo antico con il presente si è spezzato e un ritorno ad esso, un nostos, può essere solo desiderato, non praticato: non avremo mai più il testo delle commedie perdute di Aristofane o dei poemi epici, non potremo più riviverle con la lettura, ma solo ipotizzare e immaginare come esse fossero.
Gli antichi non intendevano il termine fragmentum come lo intendiamo noi, non ne possedevano il concetto, il filo che univa le generazioni di autori, spettatori e lettori era intatto, non percepivano mancanze, anche se forse molto presto iniziarono a perdersi testi troppo lunghi o poco importanti per meritare il lungo lavoro di copiatura. Eppure la gran parte di quella che noi chiamiamo letteratura tramandata in frammenti proviene dagli autori del passato che citavano scrittori precedenti in opere, trasformate involontariamente in forzieri ricchi di tesori altrui, da saccheggiare per ricostruire quanto non leggevamo più nei codici. Ma per loro quelle citazioni erano excerpta, piante estirpate con le radici e ripiantate su un terreno diverso in cui proliferare, mentre un frammento poteva essere solo un pezzo di materia inerte, non poteva dare frutti.
Queste riflessioni, forse anche banali per chi si propone di ritrovare, organizzare e interpretare i frammenti degli autori antichi, non avevano mai sollecitato l’attenzione del mondo dell’arte, che tutt’al più si era lasciato incantare dal mondo delle rovine, dai frammenti materiali del passato. I brandelli del pensiero e delle parole di filosofi, storici e poeti avevano stimolato l’interesse solo dei cultori delle lettere. Antonio Barbagallo batte, dunque, per primo un terreno inesplorato, sebbene abbia già in passato percorso il complesso mondo della comunicazione scritta. Tuttavia il merito di aver inaugurato un possibile dialogo è del tutto secondario rispetto al modo in cui ciò è avvenuto e al risultato a cui è arrivato. È la capacità di penetrazione nel problema della trasmissione dei testi e dei pensieri in essi contenuti che mi ha fortemente colpito e questo credo sia il principale merito dei Fragmenta di Antonio Barbagallo.
Partendo da due punti di vista differenti il nostro viaggio ci ha fatti approdare nello stesso luogo. Quando un aedo canta dei versi essi non sono più suoi, ma del pubblico che lo ascolta, così come le parole scritte da un autore appartengono alla comunità che le leggerà, ma ci sono versi e frasi che non solo saranno orfani, ma perderanno anche i fratelli. È questo il caso dei resti degli scrittori greci e romani, che, come tutte le opere scritte sono state inviate nel mondo, ma che in questo viaggio hanno perso anche i versi e i capitoli che li accompagnavano, restando definitivamente soli, come tronchi alla deriva, privi non solo della terra, ma delle stesse radici. Non poteva esserci modo più forte per descrivere lo spaesamento delle parole antiche riportate nelle sillogi di opere letterarie trasmesse in forma frammentaria degli oggetti isolati sulla scura materia delle opere esposte in questa mostra.
Ciò che mi ha più stupito dei lavori è che essi richiedono la medesima predisposizione richiesta dai frammenti letterari. Nel loro contesto originario, molti di questi non avrebbero catturato la nostra attenzione, sarebbero scivolati via dai nostri pensieri incalzati dalle parole successive. Naufragate fino alle nostre spiagge, invece, focalizzano l’attenzione su di sé e ci interrogano, esercitano la nostra fantasia, ci fanno divagare. Anche quando ho fissato lo sguardo su questi naufraghi materiali ne ho colto aspetti che mai, nel loro contesto, avrei compreso e la mia immaginazione si è messa in moto, esattamente come quando studio un frammento. Per quanto esiguo possa essere il frammento di un’entità preesistente, esso riempie il mondo che lo circonda.